I MILLE PERCHÉ - CHIMICA E FISICA - L'INSOSPETTATA FORZA DELL'ACQUA

PERCHÉ IL LEGNO GALLEGGIA?

Se gettiamo un sasso dalla cima di una torre lo vediamo precipitare verso il suolo con una certa velocità.
Se lo stesso sasso, invece, lo gettiamo in acqua, lo vediamo andare a fondo più lentamente, con velocità minore.
Il sasso si comporta nell'acqua come se fosse più leggero.
Perché? Perché un corpo immerso in un liquido riceve una spinta dal basso verso l'alto uguale al peso del liquido spostato affondando.
Questo principio si deve ad Archimede, il celebre scienziato siracusano, noto per aver incendiato le navi romane con gli «specchi ustori». Quando il peso di un corpo supera il peso del liquido spostato, il corpo affonda ed affonda tanto più rapidamente quanto più pesa.
Se gettassimo in acqua due cubetti di ugual volume, uno di stagno l'altro di piombo, vedremmo quest'ultimo raggiungere il fondo per primo. I due cubetti spostano una egual massa d'acqua avendo forma e volume uguali e ricevono, con pari intensità, la spinta verso l'alto enunciata da Archimede. Solo che il piombo, essendo più pesante dello stagno, vince quella forza contraria più facilmente, precipita con maggiore rapidità e raggiunge per primo il fondo.
Quando gettiamo in acqua un pezzo di legno avviene esattamente il contrario: la spinta dal basso verso l'alto, uguale al peso del liquido spostato, è superiore al peso del corpo immerso nel liquido e lo costringe a galleggiare.
Il legno, il sughero e molti altri materiali hanno una struttura molecolare non eccessivamente compatta che permette una certa infiltrazione di aria e la presenza di molti spazi vuoti: in questi corpi, di solito, ad un volume notevole corrisponde un peso non altrettanto elevato. Perciò avviene che un pezzo di legno abbia il volume sufficiente a spostare una gran massa di liquido che sviluppa una corrispondente spinta verso l'alto e non il peso sufficiente a contrastarla.
La spinta «idrostatica» allora vince il peso del corpo che tende ad affondare e lo tiene a galla.

PERCHÉ LA NAVE NON AFFONDA?

Ancora una volta occorre chiamare in causa Archimede e il suo principio della spinta idrostatica.
I corpi che galleggiano naturalmente, come abbiamo detto, sono fatti di sostanze meno dense dell'acqua e non riescono perciò a superare con il proprio peso il peso della quantità di liquido spostato con il proprio volume.
Una nave, anche se fatta di acciaio, galleggia per lo stesso motivo. La forma cava le conferisce un volume straordinario, poiché dobbiamo considerare parte integrante di quel volume anche l'aria compresa nello scafo.
Il peso delle strutture in acciaio risulta perciò inferiore al peso del liquido spostato e la spinta verso l'alto corrispondente permette alla nave di galleggiare.
Il rapporto tra il peso della nave e la spinta verso l'alto è praticamente visibile ed è dato dalla linea di galleggiamento.
Infatti una nave può essere caricata di merci e di passeggeri non oltre un certo limite poiché più il peso aumenta (maggiori spazi vuoti sono riempiti di oggetti più pesanti dell'aria) più la nave «pesca» e la sua linea di galleggiamento si avvicina ai parapetti.
Se, per ipotesi, riempissimo ogni spazio vuoto, la nave affonderebbe. E, come tutti sanno, una nave affonda non appena si apre una falla nel suo scafo. L'acqua infatti irrompe all'interno e riempie a poco a poco ogni spazio disponibile finché il peso della nave supera il peso del liquido spostato... e la nave cala a picco.
Visita virtuale padiglione aeronavale del Museo nazionale della scienza e della tecnologia Leonardo da Vinci di Milano, con la nave scuola "Ebe"

Modello tridimensionale del transatlantico inglese naufragato il 15 aprile 1915 nelle acque dell'Oceano Atlantico

PERCHÉ UN SOTTOMARINO PUO' SCENDERE IN PROFONDITA'?

Quando un liquido è contenuto in un recipiente, gli strati più bassi sopportano una certa pressione dovuta al peso del liquido sovrastante.
Questa pressione agisce sul fondo del recipiente (che se non è abbastanza resistente si sfonda), sulle pareti e su qualunque corpo sia immerso nel liquido. La pressione naturalmente aumenta via via che si considerano punti a maggiore profondità. Potete bene immaginare quali valori raggiunga la pressione sul fondo del mare! Tonnellate su tonnellate d'acqua, capaci di schiacciare le strutture più resistenti! L'uomo, comunque, nel tentativo di esplorare gli abissi marini e, purtroppo, per avere a disposizione un micidiale mezzo di guerra, ha inventato il sottomarino, un veicolo capace di muoversi sott'acqua, di scendere e di risalire a suo piacimento.
Un sottomarino in superficie si comporta come una qualsiasi nave e galleggia per lo stesso motivo per cui galleggia una nave.
Quando si vuol farlo scendere, basta riempire di acqua appositi reparti a perfetta tenuta, finché il peso del mezzo sia superiore alla spinta dell'acqua spostata dal suo volume.
Allora il sottomarino affonda mantenendosi a profondità variabili in rapporto alla quantità di acqua incamerata ed agli spazi ancora pieni di aria rimasti nell'interno.
Per risalire in superficie basta liberare i locali allagati sostituendo l'acqua con l'aria: il peso del sottomarino torna a poco a poco inferiore alla spinta idrostatica ed è costretto ad affiorare. Dunque, è ancora dovuto al principio di Archimede il saliscendi del sottomarino, anche se il suo funzionamento deve tener conto di altri ostacoli.
Il più duro da vincere è quello della pressione: se un sottomarino raggiunge profondità (oltre i 100 m.) in cui la pressione del liquido sovrastante supera la resistenza delle strutture, queste cedono, l'acqua penetra nell'interno, riempie in breve tutti i locali scacciando l'aria e il sottomarino non riaffiorerà più.
Per raggiungere profondità maggiori occorre costruire, come ha fatto Piccard con il «Trieste», un batiscafo, un veicolo che per la forma e per la eccezionale resistenza delle strutture metalliche possa sopportare le straordinarie pressioni degli abissi marini.
Visita virtuale al sommergibile Enrico Toti, esposto all'interno del Museo nazionale della scienza e della tecnologia Leonardo da Vinci di Milano

Modello tridimensionale del sommergibile nucleare d'attacco statunitense Dallas

Modello tridimensionale del sottomarino nucleare lanciamissili statunitense della classe Ohio

PERCHÉ CI SONO GLI ICEBERG?

I ghiacciai polari che sembrano un blocco unico con gli strati sottostanti, slittando lentamente arrivano fino al mare e vi si immergono per decine di chilometri. Ancora una volta a causa della spinta idrostatica che tende a far galleggiare la grande massa di ghiaccio ed anche a causa degli spostamenti verticali provocati dal flusso e dal riflusso delle maree, le lingue di ghiaccio sommerse si spezzano e formano blocchi che affiorano e che, spinti dalle correnti fredde, cominciano a vagare negli oceani.
Gli iceberg hanno talvolta dimensioni colossali raggiungendo persino i 700 m. di altezza.
Sebbene il ghiaccio sia più leggero dell'acqua, il peso di questi blocchi è così enorme che se ne vedete uno che affiora per un certo tratto sul livello del mare, siate certi che una parte sette volte maggiore sta sommersa.
Qui sta appunto il grande pericolo degli icebergs, nella loro parte sommersa, contro la quale le navi possono cozzare e, per l'urto, affondare. I più noti e pericolosi iceberg sono quelli che da Nord vengon trasportati dalla «corrente del Labrador» fino ai Banchi di Terranova, proprio sulla rotta dei transatlantici in servizio tra l'Europa e l'America.
Tristemente famoso è il disastro del Titanic (Aprile 1912) causato da un iceberg, nel quale trovarono la morte ben 1500 persone.
Proprio sui banchi di Terranova, che si crede si siano formati dai loro detriti, gli iceberg incontrano la calda Corrente del Golfo che li scioglie.